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Messaggi WhatsApp hanno natura documentale e valore in sede giuridica

di Michele Ingelido

Da ora bisognerà stare molto più attenti a ciò che si scrive nei messaggi su WhatsApp. La sentenza numero 1822/2020 emanata dalla Corte di Cassazione (sezione VI penale) ha stabilito che i messaggi inviati sulla più utilizzata piattaforma di messaggistica nel nostro Paese hanno una rilevanza probatoria. Sia i messaggi scambiati sull’app della cornetta verde che i classici SMS hanno una natura documentale ai sensi dell’art. 234 c.p.p. e possono essere utilizzati in sede giuridica.

Ciò vuol dire che all’interno di processi i messaggi inviati su WhatsApp possono essere usati anche come elemento accusatorio per le parti. A differenza di quanto molti pensavano precedentemente, quindi, le conversazioni su WhatsApp non sono più regolate dall’articolo 254 c.p.p. e rientrano fra le informazioni che possono essere acquisite durante un processo ed influenzare la decisione finale del giudice.

Allo stesso tempo, quindi, non rientrano nel concetto di “corrispondenza” intesa come attività di spedizione in corso o avviata dal mittente tramite consegna a terzi per il recapito. La Corte di Cassazione stabilisce che non si tratta nemmeno di un’attività di intercettazione. La legge che stabilisce che i messaggi conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti si applica anche a tutte le cause che sono al momento in corso.

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