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Xiaomi finisce nella lista nera degli USA come Huawei: le conseguenze

di Patrizia Maimone

Lo scorso anno abbiamo visto uno dei più grossi colossi della tecnologia cinese, Huawei, subire un ban da parte degli Stati Uniti d’America senza precedenti nel settore smartphone. Le conseguenze sono gravissime e prevedono l’assenza dei servizi Google nei dispositivi Huawei. Notevoli i disagi sia per l’azienda che per i già possessori di dispositivi del marchio cinese. Adesso anche Xiaomi è entrata nella blacklist degli USA. La replica dell’azienda non si è fatta attendere.

Xiaomi nella blacklist, ma nulla a che vedere con Huawei

Xiaomi è finita in una lista nera degli USA. Nulla a che vedere, però, con quanto accaduto ad Huawei un paio di mesi fa! Non si parla, infatti, dell’Entity List ma della Communist Chinese Military Companies che contiene tutte le aziende che, negli USA, vengono ritenute collaboranti con l’esercito cinese.

Cosa comporta essere inseriti in questa lista? A qualunque individuo o azienda americana non è consentito investire nelle aziende inserite in questa lista. Chiunque, poi, avesse già investito dovrà obbligatoriamente ritirarlo entro l’11 novembre 2021. Tutte le realtà inserite in questa lista nera, però, continueranno a poter utilizzare le tecnologie e i componenti americani come sono, ad esempio, i processori Qualcomm. I possessori di smartphone Xiaomi potranno continuare ad utilizzare i servizi Google su Android, contrariamente a quanto avvenuto per Huawei. Inoltre la casa produttrice potrà continuare a ricevere componenti hardware dalle aziende americane.

La risposta: negato ogni coinvolgimento

Se adesso Xiaomi è stata inserita in questa blacklist, non è ancora dato sapere se le cose cambieranno con l’insediamento di Joe Biden, il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America che ha battuto Trump alle ultime elezioni presidenziali. Nel frattempo, la replica dell’azienda cinese alla scelta di Washington di inserirla in questa blacklist non si è fatta attendere. L’azienda cinese ha scelto un post social per chiarire la sua posizione attraverso un comunicato ufficiale.

“La società ha operato in modo conforme alla legge e lo sta facendo in conformità con le normative e le giurisdizioni, ovunque conduca il suo business. L’azienda ribadisce di offrire prodotti e servizi per impieghi civili e commerciali. La società conferma di non essere posseduta, controllata o affiliata all’esercito cinese e di non essere una “Azienda dell’Esercito Comunista Cinese” come definito nel National Defense Authorization Act. L’azienda attuerà le contromisure appropriate per proteggere gli interessi propri e degli azionisti. La società sta analizzando le potenziali conseguenze per comprendere appieno l’impatto sul gruppo. L’azienda rilascerà altre dichiarazioni quando e nel modo appropriato”.

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