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L’UE pensa al fotovoltaico spaziale per la produzione di energia

di Roberto Naccarella

Raccogliere energia solare anche dallo spazio? L’idea sembra possibile con il fotovoltaico spaziale, almeno stando a quanto affermato dal direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Josef Aschbacher. Un obiettivo che però sembra molto complicato da raggiungere: basti pensare che solo per assicurare tra un terzo e un quarto del fabbisogno energetico annuale dell’UE – pari a circa 3000 TWh – sono necessari decine di satelliti grandi almeno dieci volte l’ISS, da posizionare in orbita geostazionaria a 36.000 km di altezza.

Di certo, se si riuscisse a studiare una soluzione praticabile, il vantaggio di un pannello solare in orbita è innegabile, dato che la sua efficienza sarebbe doppia rispetto ad un pannello solare sulla Terra. Ma il percorso appare fin da subito molto tortuoso: già in termini di costi siamo su centinaia di miliardi di euro e anche i tempi sembrano essere molto lunghi. Per arrivare al 2050 con la flotta ultimata è infatti necessario aumentare di 200 volte la capacità di carico attuale.

L’idea del fotovoltaico spaziale non convince molti esponenti di primo piano del settore tecnologico spaziale, inclusi quelli di maggior successo. Tra questi Elon Musk, che ha già provveduto a definirla l’idea “più stupida di sempre”. Ma i no arrivano anche dal mondo della fisica: Casey Handmer, pur riconoscendo alcuni possibili vantaggi, ritiene che l’idea del fotovoltaico spaziale al momento non sia percorribile.

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